Richard Gere a Sanremo, spunta una foto con Zeffirelli di quarantacinque anni fa.

17 Feb 2018 | Fuori Festival

di Tiziana Pavone

Richard Gere mostra al pubblico italiano di Rai1 la foto con Zeffirelli scattata 45 anni prima

 

Sintonizzati su Rai1, in diretta da Sanremo. Ieri sera Richard Gere, ospite della Clerici durante lo svolgimento di Sanremo Young, concorso canoro a puntate per giovani aspiranti cantanti, ha spezzato la serata a metà aprendo il sipario sulla sua vita privata e sull’impegno civile come buddista seguace del Dalai Lama. Ha parlato del vero successo, del suo piano b e della causa tibetana. Poi ha tirato fuori una foto con Zeffirelli, spiegando il suo amore per le opere italiane. Immancabili sono state le citazioni dei suoi più famosi film. Ma lui ha cambiato vita anni fa abbracciando una vita serena, che ambisce alla pace universale.

 

 

 

La Clerici lo aveva introdotto ai ragazzi e al suo pubblico facendo un distinguo: “Non bisogna confondere i divi con i miti. I secondi cavalcano il tempo e durano”. Subito fa ingresso in scena lui, mister Gere, che esordisce con semplicità, sussurrando I’m nice (sono lieto). Parte l’intervista a centro palco, a metà serata.

Che ragazzo era Richard ?
Un pò sognatore, molto timido vivevo sulle stelle con molta fantasia. Io avevo meno predisposizione di loro (i concorrenti, ndr).
E’ vero che sa suonare dieci striumenti?
Si la tromba il primo strumento poi la chitarra e il piano, e qualche altro, ma soprattutto piano e chitarra. Nella mia famiglia tutti suonavano molti strumenti. Perciò suonare era una cosa normale.
Ha uno strumento preferito per rilassarsi?
Vicino al letto ho la chitarra e a volte è la prima cosa che tocco al risveglio. Ma anche il pianoforte mi piace tanto
Che musica ascolta? chiede una concorrente.
Io ho un figlio di 18 anni e da lui sento l’hip hop e riesco a capire come quel genere, che a me non piace, si sia evoluto dagli anni ’80 fino ad oggi. L’hip hop sta prendendo il ritmo del jazz e il senso dell’avventura. Io ascolto da sempre i Rolling Stones, Bob Dylan. Quella era la mia era
Parte un filmato degli archivi Rai, dove si vede un giovanissimo Gere, prima che girasse American Gigolo. Occasione è il David di Donatello vinto per I Giorni del Cielo. E lui commenta:
Questo fu l’inizio del mio amore per l’Italia. Mi sono sempre piaciute le sceneggiature italiane. Mi ricordo di aver conosciuto Giulietta Masina, Monica Vitti, grandissima artista.
Lei ha detto che il successo è apparenza. Lei non si è fatto coinvolgere, dal successo.
Non mi ricordo nemmeno di averlo detto. Ci sono diversi tipi di successo. L’idea di successo per questi ragazzi a inizio carriera è la stessa che avevo io alla loro età: essere riconosciuti dalla gente per il talento che si possiede, essere apprezzati per il fatto di essere unici. Però c’è un altro tipo di successo, più evoluto, che arriva poi: quello che ti fa uscire fuori la gentilezza, il senso di saggezza verso la realtà, l’avere calore da dare. L’illusione in cui viviamo, di essere tutti separati, è falsa. A un certo punto capiamo quanto noi dipendiamo nella nostra esistenza dagli altri: quando inizi a comprenderlo, hai ottenuto il vero successo.

Se non avesse fatto l’attore, quale era il suo piano b? chiede Leo tra i concorrenti.
Quando cominciai a fare l’attore avevo capelli lunghi e motocicletta. Partecipavo a molti complessi rock, recitavo, suonavo. Il mio percorso avrebbe potuto prendere strade diverse. Ma sicuramente la musica ha saturato completamente la mia vita. Ho fatto una scelta. Ho sempre pensato che la musica non dovesse essere il mio lavoro, ma solo qualcosa di mio, da condividere con gli amici. Non dovevo vendere musica. E l’ho continuata a fare per puro piacere.

Parte un altro video e si parla delle opere italiane che l’attore ama. Di Zeffirelli, incontrato al Metropolitan di New York e divenuto suo amico Richard Gere ha un caro ricordo e fa un regalo all’Italia mostrando una foto dal cellulare: sono ritratti loro due quarantacinque anni fa. La regia inquadra bene, per restituire alla storia.

Mi è sempre piaciuto il cinema italiano, le sceneggiature, i copioni italiani. Sono cresciuto in un quartiere con dei ragazzi italiani.

Come non ricordare Pretty Woman.
Si, c’è qualcosa di speciale in quel film. Ovunque vada, scopro che lo hanno visto in tutto il mondo, anche più volte. E io chiedo scusa.
In sala, al Teatro Ariston, si sorride di umorismo.
Il film più amato e quello mancato?
Non so rispondere, a questa domanda che mi fanno spesso. Pretty Woman è stato facile, ci siamo divertiti tutti. Forse Chicago è stata l’esperienza straordinaria. Musical a teatro, e Grease. Era sempre puro divertimento. Con Marshal abbiamo lavorato tutti insieme per due mesi. Una specie di esercito militare, preparando coreografie, e tutto il resto. Divertendoci anche lì…
Arrivano altre domande, dai ragazzi: come è lavorare col cane in un film?
Probabilmente hai visto Hachiko – Il tuo migliore amico. Non abbiamo insegnato al cane nessun trucco. Avevamo tre cani, uno per fare il cucciolo, ma adesso è un pò complicato spiegarlo bene… Le riprese digitali duravano parecchio e io ero l’unico a interagire col cane. Ero il produttore. Ci siamo comportati in modo naturale, il cane aveva fiducia in me. In 45 minuti di riprese abbiamo ottenuto quei 5 minuti speciali. Senza sforzi particolari.
Impegno con la sua fondazione e il cambiamento di vita con il Dalai Lama.
Circa 20 anni fa avviai la mia Fondazione Gere centrata sui diritti umani, civili, istruzione e salute.

In Tibet volevo aiutare i tibetani, sia interni che in esilio all’estero. Ho lavorato per sostenerli e credo che sia stata la cosa più importante che abbia fatto nella mia vita. Ci sono anche senza tetto, persone senza soldi, da noi. Cerco di lavorare anche in locale. Ma, credetemi, lavorare per il popolo tibetano, civiltà di saggezza antica, è davvero importante per un futuro su cui possiamo vivere tutti in pace.

E pare proprio questa, la vera causa della sua vita. Gere infatti dagli anni ‘80 è impegnato su questo fronte. L’anno scorso ha dichiarato che queste scelte gli sono costate l’emarginazione a Hollywood. Lui, da buddista convertito è supporter alla causa del Tibet per tutelare i diritti civili e per la preservazione della cultura dei tibetani contro il predominio cinese.

Non mancano spezzoni di film per celebrare ancora Richard Gere. La sua uscita di scena è accompagnata dalla colonna sonora di Ufficiale e Gentiluomo. Un altro successone, lui vestito da ufficiale. Quella volta in coppia con l’indimenticabile Debra Winger.

Il sogno cinematografico finisce. E Antonella Clerici può tornare alle canzoni del Festival di Sanremo, col suo format nuovo di zecca, chiamato Sanremo Young. Protagonisti giovani ragazzi dai 13 ai 17 anni, che vedremo ancora nelle prossime puntate

 

Ti potrebbe interessare…